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Back to the roots: Brazadela
Io sono della bassa pianura padana. Erano molte, nelle ns abitudini e nella ns cultura, le influenze delle valli (argenta, Ferrara) perchè in inverno i ns contadini andavano in valle a prendere alimenti per le bestie e spesso i ns uomini erano braccia da carriola nel periodo della bonifica
Ed e’ così che le ns ricette si univano a quelle più “venete” e nascevano piccoli capolavori, come la Brazadela. Questa è la ricetta della mia amatissima Nonna Clotilde: donna austera, meravigliosamente profumata di buono e dignità, dolcissima e che mi manca tanto
INGREDIENTI:
(per 6 persone)
Farina (500 g)
Zucchero (200 g)
Burro (150 g)
Uova (2)
Limone (1)
Latte (q.b.)
Lievito (½ bustina)
Brandy (1 bicchierino)
per decorare: granella di zucchero
Sciogliere il burro a bagnomaria. Togliere dal fuoco e lasciare intiepidire. Lavorare insieme il burro, le uova, lo zucchero, la scorza grattugiata di mezzo limone, il brandy e mescolare aggiungendo lentamente la farina, il lievito e il latte quanto basta ad ottenere un composto omogeneo, liscio e sufficientemente morbido. Dare la forma di una esse o di un bastonetto. Ricoprire con granella di zucchero.
Ungere lo stampo con il burro e disporre nello stampo l’impasto. Infornare a 200 °C e cuocere per 30 minuti.
La sto cuocendo ora, l’ho preparata aiutata da Leo (che è BRAVISSIMO a leccare l’impasto dagli utensili) e ora, seduta al tavolo, immersa nel profumo dei miei ricordi più dolci, guardando lo spettacolo invernale che ho alla finestra………ho un magone così…………….mi manchi nonna……..
appena sfornata (foto orrenda fatta con la webcam)
Dalla rete: http://www.prodottitipici.com/prodotto/3119/Ciambella-Ferrarese-brazadela.htm
Note: Il termine Brazadela, deriva dal fatto che veniva infilata al braccio. I venditori ne portavano diverse al braccio, mentre i consumatori la infilavano nel braccio destro, mentre con il sinistro si versava il vino. E’ una ricetta molto antica alcuni dicono risalga al XIII secolo. In passato, questo dolce, veniva fatto nelle occasioni speciali perché era sostanzioso e non vi erano soldi per comprare cioccolato o altri dolciumi.
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mia mamma è di Calto, che è ancora Veneto ma né il dialetto né le tradizioni sono venete. Infatti è più vicino a Ferrara che a Rovigo, e se non ricordo male era uno degli ultimi paesi del territorio estense.
anch’io sono della bassa (bassa che più bassa non si può) però questo dolce non lo conosco, almeno non con questo nome. devo assolutamente provarlo!
dai Kalinka!
e poi dimmi se le rassomiglia!
io ieri l’hop portata a mamma………………..e mi si è messa a piangere, a dire il vero è da che è morta nonna che nessuna delle due ha riprovato a farla, fino a ieri………….annusava la ciambella e mi diceva”um pe d’aveala aque cum me, adeas, la mi mama……”
te la rubo subito! Mia nonna (28 km da Ferrara) la faceva “a occ” e mia mamma non la sa fare. La faccio per mia mamma e vediamo quanto somiglia.
si, madama, un panone dole; era il ns dolce Pasquale. la si mangia pucciata nel latte (i bimbi) ma la morte sua è pucciata nel vino rosso………………
Non la conoscevo, ma è una specie di pane dolce?