Il mare a Bologna

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Trattoria Pane e Panelle

Premetto che non sarà una leccata di pile, e per quanto il mio blog non risulti tra le testate giornalistiche, si vanta di avere un occhio vigile sull’attuale mutamento della ristorazione bolognese e non, mentre l’altro occhio guerciamente scruta affaticato le mie gesta private di carattere culinario. Oggi scriverò dell’oggi. In realtà scriverò di ieri. Ieri era un giorno di ottobre di cui non mi ricordo il numero, ma credo fosse un mercoledì… sì, ne sono certo, ed esserne certi ha una sua importanza. Mercoledì è per un ristorante che non crea eventi ad hoc, una giornata ambigua: potresti riempire o potresti fare un forno totale. Lo chef sta lì che si arrovella pensando “to be, to be, to be or not to be”, che significa, “la faccio o non la faccio questa linea?”
“Vuoi un consiglio?” – dico io – “Falla, amico!” Falla perché tu non devi avere dubbi sul fatto che riempirai a cena anche in un triste nebbioso mercoledì sera senza eventi nella sonnolenta elefantesca Bologna spianata.
Parlo di una trattoria. Voglio dire… trattorie a Bologna è come dire loschi intrighi in Vaticano, ce ne sono un’infinità leopardiana, ma tutte hanno lo stesso micidiale problema: il Maiale!
Nessuna fa pesce. E chi lo fa, fa il giusto. Cucina di cattivo umore le tristi bestie d’allevamento. Parlo di trattorie, occhio, non di bistrot, o di ristoranti che se la tirano, quelli spesso sanno cosa fare anche se tendono ad infighettare il pesce un po’ troppo oltre il limite, e non scherzo dicendo che la loro potrebbe essere definita arte contemporanea, quindi non per tutti i palati.
Ma andiamo oltre. Il valore aggiunto di un posto che fa solo pesce, a Bologna, è che tutti quelli che lavorano lì dentro credono che a Bologna il mare ci sia veramente. Credo ci sia della dolce follia in questo. Follia di salsedine, di scroscio d’onde, di venti antichi, di barche sempre più veloci, di frangiflutti, di porti e di fari… insomma… follia ittica. Ed a Bologna forse il mare c’è, è lì che aspetta d’esser visto, aspetta uno Chef Ulisse che ne superi le Finis Terrae, che non morendo e poi così tornando possa narrare attraverso i suoi piatti le specie di pesci che in esso si generano e vivono. Sapete, ad esempio che la coda di rospo, anche detta rana pescatrice, ha due guance grandi come quelle di Arnold? Che cotte e svettanti su un brodetto leggermente piccante tra gli applausi delle vongole lasciate a bocca aperta possono diventare il piatto monumento della morbidezza e dell’intensità di un’idea? di un pensiero… Questa cucina è quella che vogliamo. Vogliamo che si ispiri ai bestiari medioevali. Vogliamo voli pindarici con le infradito. Vogliamo leggerezza e impegno. Vogliamo chef, camerieri, soci, lavapiatti, pareti azzurre e soffitti coibendati antirumore, libri esposti, corti interne e terrazze vuote, l’odore dei portici, e il rumore della San Vitale, spiagge di sanpietrini, onde di luci delle automobili come in foto a tempi lunghi, vogliamo che grazie a tutto ciò ritorni il mare in noi. E ricordatevi, che se mai vi dovesse passare per la testa di andare a mangiare in questa trattoria, il costume da bagno è d’obbligo.

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