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Avventure culinarie giapponesi (parte 3)

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Avventure culinarie giapponesi (parte 3)

Vi racconto ora dell’esperienza culinaria più interessante del mio viaggio: la cena kaiseki.

La cucina kaiseki, per chi non lo sapesse, in origine era l’insieme di piccoli assaggi che venivano serviti durante la cerimonia del tè. Col tempo si è sganciata dal tè e si è trasformata nell’alta cucina giapponese, l’espressione più rigorosa di tutte quelle regole dalle quali i cuochi occidentali fighi hanno poi attinto a piene mani: rispetto della materia prima, stagionalità degli ingredienti, piccole porzioni presentate in modo esteticamente impeccabile, servizio accuratissimo, ambienti rarefatti e minimali.
La cucina kaiseki in Giappone si mangia in due tipi di posto: nelle locande tradizionali di alto livello e nei pochi ristoranti dedicati. I prezzi sono più o meno quelli di un ristorante stellato italiano o francese, con punte stratosferiche nei locali più famosi.
Noi naturalmente dai locali famosi ci siamo accuratamente tenuti alla larga  e abbiamo fatto l’esperimento in una piccola città di montagna, Takayama.
Takayama, per inciso, è attaccata a un’altra città che si chiama Hida, famosa per il suo manzo che è praticamente identico al più noto (da noi) manzo di Kobe: quello delle famose vacche strigliate con la birra.
Di conseguenza anche il ristorante kaiseki in cui abbiamo mangiato noi serviva questo Hida beef, un’eccezione alla regola per cui le cene kaiseki sono quasi esclusivamente vegetariane con al massimo un paio di portate di pesce.

Avevamo ovviamente prenotato: un locale kaiseki non ti accetta senza prenotazione perchè la cena viene preparata appositamente per ogni commensale, e bisogna essere puntualissimi (nel nostro caso alle 19, ed era l’ora più tarda alla quale era possibile cenare) perchè il cibo deve essere perfetto quando arriva in tavola.

Il ristorante stava in una zona tranquilla della cittadina, vicino a un piccolo fiume

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ed era, come tutti i locali autenticamente giapponesi, irriconoscibile a un occhio occidentale essendo privo di insegne:

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all’arrivo siamo stati accolti da due gentili signore in kimono

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che ci hanno fatto accomodare in una sala con un bel focolare tradizionale

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dove ci siamo tolti le scarpe. Quindi ci hanno scortato lungo un corridoio

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fino alla saletta privata in cui abbiamo cenato, accoccolati a terra davanti a un tavolino basso

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(notare come la figlia, conquistata dall’indimenticabile e raffinata atmosfera, non abbia staccato per tutta la sera gli occhi dallo schermo del Nintendo)

 

Dalle vetrate scorrevoli si vedeva un grazioso giardino pieno di aceri

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e si sentiva il suono di una piccola fontanella

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La pappatoria comprendeva un menù di pesce per me, un menù col famoso Hida beef per mio marito e un menù ridotto -concordato precedentemente con il ristorante- per Nina, che naturalmente non avrebbe toccato il novanta per cento dei piatti contenuti nei menù normali :lol:

Di noi si occupava questa graziosa signorina

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che ci ha servito le portate una alla volta, contrariamente a quanto avviene di solito in Giappone, dove come in tutto l’oriente i cibi vengono portati in tavola tutti insieme.
In tutto le portate erano sette o otto a testa, ma nella maggior parte dei casi ogni singola portata conteneva vari assaggi e quindi in tutto i piatti serviti sono stati circa quindici a testa.
Quasi tutti erano piatti vegetariani dai sapori quasi impalpabili, salvo un paio di assaggi di pesce per me e lo Hida beef per mio marito. E tutto era molto buono, semprechè non si appartenga alla categoria di persone per le quali il massimo della  vita sono una polenta con salsiccia o una bella amatriciana…
Ma soprattutto quello che era veramente fenomenale era la presentazione dei cibi: tutti serviti in ceramiche antiche (perfino per il tè ogni volta che vuotavamo una ciotola ce ne veniva portata una nuova, ed erano tutte ceramiche raku) e tutti sistemati e decorati in modo da diventare vere opere d’arte. Minimali, però, perchè i giap non amano l’eccesso di decorazioni.

Ecco qualche esempio:

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brodo di pesce con tofu morbido, uva e scorza di yuzu caramellata; dadi di zucca marinata; assaggi di vegetali vari; una gelatina fredda (quella nel bicchierino) che non ho assolutamente capito cosa diavolo contenesse a parte alcune rondelle di gombo, ma che era una bontà

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composizione d’autunno (di mio marito) con radice di loto glassata , pomodorino ripieno, tempura di granoturco fresco (una cosa FENOMENALE! Lo devo assolutamente rifare), chips d’anguilla fritte, altre due o tre cose difficili da identificare

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composizione d’autunno (mia) con una specie di “gelato sullo stecco” fatto di patata dolce, una gelatina di…boh? a forma di foglia d’acero, altre cose presenti anche nel piatto di mio marito

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melanzana glassata al miso, tempura di granoturco

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Tofu anche questo, con zenzero, scalogno, altri oggetti non identificati

Questo era lo Hida beef di mio marito, già parzialmente smantellato : ce n’era di più in realtà, sei o sette pezzi di carne: ed era una cosa squisita, una carne che si scioglieva in bocca e che non aveva niente a che vedere con ciò che qui viene spacciato come “manzo di Kobe”. Per la cronaca, questa carne l’abbiamo vista in vendita nelle macellerie locali e costava l’equivalente di 160 euro al chilo…

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e questo il piatto di mia figlia, in cui al posto dei vegetali erano state aggiunte delle rondelle di omelette giapponese

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Questo il piatto che io ho in assoluto trovato più bello: un filetto di pesce marinato, adagiato in una ceramica fatta a onde e guarnita con una radice di loto tagliata a ricciolo di schiuma e una foglia tagliata a ciuffo d’alghe …un paesaggio marino in miniatura, oltretutto squisito!

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e questa la portata che conclude ogni cena kaiseki: il riso, accompagnato da verdure sottaceto e da una zuppa che in questo caso era una minestra di miso con dadi di melanzana fritta. Contrariamente a ogni altra cena giapponese il riso non viene servito durante il pranzo, ma solo alla fine: immagino per evitare che la gente si riempia la pancia con quello e non apprezzi adeguatamente la delicatezza degli altri piatti:

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Il piatto principale del mio menù non l’ho fotografato perchè è stata l’unica delusione della serata: era il solito pesce alla brace sullo stecco, quello che già faceva bella mostra di sè nella colazione tipica giapponese. Il nostro ristorante lo inseriva nel menù in omaggio alla tradizione locale e non era cattivo, per carità, ma era lo stesso che avevo appunto già trovato non solo a colazione ma anche in innumerevoli banchetti per strada, venduto a pochi soldi…diciamo che mentre spellavo e spinavo il pesciazzo guardavo mio marito e mia figlia assaporare il meraviglioso Hida beef tra mugolii di goduria e rosicavo non poco  :lol:

Dopodichè niente dolci (noi ci speravamo, ma ciccia ) ma solo un piattino di frutta varia tagliata artisticamente. Vabbè, tanto la fame non l’avevamo di certo fatta…

E con questo concludo il mio reportage: sperando di aver risvegliato almeno un pizzico di interesse per il mondo gastronomico giapponese, che è molto più sorprendente e appetitoso di quanto non pensiamo noi da qui!

 

Leggi la parte 1 e la parte 2

 

 

 

 

  1. Debora fondatora says:

    Grande Pongi, grazie per questo viaggio gastronomico eccezionale alla scoperta del Giappone!

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