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Il mistero del sedano rapa

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Il mistero del sedano rapa

Quando quel pomeriggio Luciano B. rientrò dal lavoro sua moglie non era in casa. C’era invece, in bella mostra sul tavolo della cucina, un’abbondante spesa di frutta e verdura, in mezzo alla quale troneggiava un vegetale mai visto.
Bitorzoluto, grosso più o meno come un piccolo melone, di un colore indistinto tra il verdastro e il marrone sporco, il misterioso ortaggio aveva un aspetto poco invitante. Luciano B. immaginò sua moglie intenta a rimestarlo in qualcuna di quelle sbobbe vietnamite o messicane che era solita propinargli, considerò la possibilità di farsi portare una pizza a domicilio, si sfilò le scarpe e andò a spaparanzarsi davanti alla TV.

La sera, mentre la moglie affettava dei pomodori -l’ortaggio, ancora intero, stava in un cestino insieme alle patate e alle cipolle- le chiese: “Ivana, dì un po’. Che è quel coso?” “Quale coso?” “Quello lì.”.
La moglie alzò gli occhi dal tagliere e lo squadrò con la sua solita aria di sufficienza. “E cosa vuoi che sia? E’ un sedano rapa.” “E che cazzo è un sedano rapa?” “Una verdura. Come dice il nome, una via di mezzo tra un sedano e una rapa.” “Non sembra un granché, a vederlo così. Di cosa sa?”. La moglie sbuffò. “Di sedano rapa, ovviamente.” “E come si cucina, quella roba?” “Crudo, cotto, come si vuole. Ma non andare in ansia, non sei obbligato a mangiarlo”. “Oh, non c’è pericolo” sogghignò Luciano B., e la questione fu chiusa.

Il giorno dopo era sabato, e Luciano B. si prese una giornata di riposo. Uscita la moglie per un giro di shopping con le amiche, si infilò una maglietta e un paio di calzoncini e andò a correre nel parco. Tornando a casa comprò il giornale, e prima di immergersi nella lettura passò in cucina a farsi un caffè.
Mentre avvitava la caffettiera gli cadde l’occhio sul sedano rapa, e si fermò perplesso ad osservarlo. Possibile che fosse cresciuto?

Eppure sì, sembrava davvero più grande del giorno prima. Si avvicinò, lo prese in mano e gli parve insolitamente pesante, per una verdura di quelle dimensioni. Però che ne sapeva, lui, di sedani rapa?

sedano rapa

sedanorapa

Più tardi, mentre pranzavano, chiese alla moglie: “Di’ un po’, ma crescono i sedani rapa?” “Beh, suppongo che non si materializzino sottoterra già grandi così.” “Ma no! Intendo dopo che sono stati colti!”. Lei lo guardò interdetta. “Ma sei scemo?” “No, perchè a me sembra…ehm…più grosso di ieri”. Ivana esaminò il sedano rapa con aria pensierosa, esaminò il marito, dichiarò: “Forse sarebbe l’ora che ti mettessi gli occhiali” e si alzò da tavola per caricare la lavapiatti.

La domenica era una splendida giornata, e Ivana andò al mare. Il marito detestava le spiagge affollate e al sole si scottava facilmente, quindi se ne rimase a casa al fresco. Dopo avere sbrigato un po’ di lavoro al computer decise di concedersi una birra gelata. Mentre rovistava nel frigo alla ricerca delle lattine sbirciò e verso il sedano rapa, e di nuovo qualcosa attirò la sua attenzione.

Il sedano rapa aveva cambiato colore.

Luciano B. si avvicinò. Lo ricordava di una specie di marroncino verdastro… e adesso era viola. Con qualche sfumatura verde qua e là, ma indubbiamente viola. Che diavolo gli stava succedendo, a quel coso?

A mezzogiorno mangiò un trancio di pizza scaldato al microonde, bevve un’altra birra e si rimise alla tastiera. Era intento a riordinare una serie di foto quando sentì uno strano rumore. Un rumore fastidioso, crr, crr, qualcosa di simile a un coltello, crr, crr , che scorre su un vetro.
Si fermò: silenzio. Ma dopo qualche minuto il rumore ricominciò. Crrr, crrrr.
Aguzzò le orecchie, cercando di capire da dove veniva lo sgradevole stridio. Beh, non c’era dubbio: veniva dalla cucina. Si alzò, andò a vedere. Silenzio.

Tornò in soggiorno, e poco dopo il rumore riprese. Luciano B. tornò in cucina, ma di nuovo il rumore era cessato. La luce del sole filtrava dalle tendine della finestra, un moscone ronzava intorno al lampadario, il sedano rapa troneggiava immobile nel cestino. Gli parve ancora più grosso e ancora più viola ma chissà, magari col caldo questi cosi crescono sul serio, pensò. Tanto vale che ne approfitti per farmi un’altra birretta.

Stava tracannando gli ultimi sorsi quando lo risentì di nuovo: crr, crr. Si voltò di scatto: gli era sembrato che venisse dal cestino delle verdure. “Eh no, maledetto. Non sarai mica tu!” Posò la lattina e rimase immobile, fissando il sedano rapa. Uno, due, cinque minuti. Gli parve quasi che i contorni del malefico ortaggio iniziassero a tremolare, ma di rumori neanche l’ombra.
Alla fine, spazientito, prese una decisione. “Io questo coso lo caccio, e a Ivana le dico che è marcito” Si avvicinò e allungò la mano per prenderlo.
Crrr, crrr, crrrretino” stridette il sedano rapa. Luciano B. fece un balzo all’indietro, il cuore che batteva all’impazzata. “Oddio l’infarto” ansimò “Adesso mi viene un infarto!” Si precipitò fuori dalla cucina, chiuse la porta a chiave , si rintanò in soggiorno e recuperò freneticamente il cellulare. Stava per chiamare la moglie quando un pensiero lo bloccò: tanto quella non ci crede. “Già lo pensa di suo che non ci sono tutto di testa, ci manca ancora che le telefoni per dirle che il coso parla e sono fritto…che se la veda lei quando torna!”

Che non ci fosse con la testa fu esattamente quello che Ivana pensò quando lo trovò barricato in camera che farneticava di verdure stregate, con la porta della cucina chiusa a doppia mandata. “Ma sei deficiente?” sbuffò, aprendo la porta ed entrando in cucina con passo deciso. “Qui è tutto a posto. Che stronzate vai dicendo? Guardalo lì, il tuo mostro. Brr, che paura…e meno male che non ho comprato un’anguria, se no a questo punto magari ero vedova!” Poi le cadde l’occhio sulle tre lattine di birra vuote, diligentemente allineate sulla mensola vicino al lavandino -perchè Luciano B. era un uomo ordinato. “Ah, beh, adesso capisco. Facciamo che domani di birre te ne scoli una sola, eh?”
Lui aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse. Inutile continuare a discutere, tanto lei non gli avrebbe creduto comunque.

A cena fu teso, silenzioso e mangiò pochissimo. La moglie lo scrutava preoccupata. Possibile che tre birre bastassero a ridurlo in quel modo? E perché continuava a sbirciare di sottecchi il sedano rapa, sobbalzando a ogni rumore? Affermava perfino che era diventato viola. Possibile che in dieci anni di matrimonio non si fosse mai accorta che lui era daltonico? Forse è il caso che lo porti da un medico, pensò.

Quella notte neppure a letto Luciano B. riuscì a trovare pace. Faceva caldo, sudava, si rigirava tra le lenzuola con la gola secca. Alla fine si alzò, andò in bagno e bevve dal rubinetto.
Mentre tornava in camera si rese conto che il corridoio era illuminato da un debole chiarore. La cucina! Veniva dalla cucina!
Col cuore in tumulto, si avvicinò in punta di piedi. La porta era aperta e dall’interno si diffondeva un bagliore fosforescente. Il sedano rapa pulsava minaccioso, grande ormai come un pallone da calcio, sospeso a mezz’aria sopra il tavolo.

E lui seppe che doveva fare qualcosa, che non poteva morire così, senza lottare.
Afferrò lo spazzolone per i pavimenti e gridando si precipitò verso il mostro, menando colpi alla cieca
e il sedano rapa crebbe

e crebbe

e ora lo sovrastava

GUARDANDOLO CON OCCHI INFUOCATI

E SPALANCANDO IMMENSE FAUCI BAVOSE

RUGGIVA IN MODO SPAVENTEVOLE

mentre Luciano B. mulinava lo spazzolone all’impazzata.

 

Ivana si svegliò di colpo. Un rumore di vetri infranti veniva dalla cucina. “Luciano! Oddio Luciano, che succede?” Tastò le lenzuola di fianco a sé: non c’era. Allarmata schizzò fuori dal letto, a piedi nudi si precipitò lungo il corridoio e rimase sulla soglia della cucina, pietrificata, a guardare il marito che urlando come un pazzo CREPA, BASTARDO, CREPA!!!! frantumava le stoviglie, rovesciava i mobili, polverizzava i vetri dei pensili a colpi di spazzolone, scivolando sulla frutta spiaccicata sul pavimento, tra cocci che volavano dappertutto. “Oddio Luciano….oddio! Aiuto, cosa fai?”
Lui si girò, con gli occhi iniettati di sangue.
“TU! TU! E’ TUTTA COLPA TUA, TROIA MALEDETTA! TU L’HAI PORTATO, TU!” sbraitò, sbattendola a terra con uno spintone.
Terrorizzata Ivana strisciò carponi fuori dalla cucina, corse a chiudersi in camera da letto, tremante chiamò il 113, si accasciò a terra singhiozzando.

Pochi minuti dopo nella via echeggiarono le sirene della polizia e dell’ambulanza, mentre le finestre del palazzo si accendevano una ad una e facce incuriosite sbirciavano da dietro i vetri. Ci furono rumori di passi affrettati su per le scale, grida, tonfi di porte sbattute. Dopo mezz’ora le sirene si allontanarono e sulla strada ridiscese il silenzio.

Due ore dopo la porta di casa B. si riaprì. Spettinata, con gli occhi gonfi, Ivana si trascinò stancamente in camera da letto, prese una borsa da ginnastica, c’infilò due pigiami, qualche asciugamano, le ciabatte e lo spazzolino del marito. “Poca roba” si erano raccomandati al reparto di psichiatria “e soprattutto niente rasoi né forbicine, signora”.
Uscì e richiuse la porta. L’appartamento rimase di nuovo deserto.

L’alba iniziava a filtrare dalle finestre, velando di una luce rosea la cucina devastata, le sedie rovesciate, cocci di piatti e bicchieri sparsi dappertutto.

Dai vetri infranti un venticello tiepido entrava nella stanza e faceva frusciare le tendine: frrr, frrr.

Miracolosamente illeso, nel cestino della verdura stava il sedano rapa. Bitorzoluto, verdastro, grande come un piccolo melone.

Illeso pure lui, un moscone ronzava intorno a ciò che rimaneva del lampadario: bzzz, bzzzz.

La scorza del sedano rapa fremette e si corrugò. Un puntino lucente apparve, poi un altro. Due occhietti rossi scintillarono soddisfatti. Ci fu un altro tremolio e otto zampette nodose, simili a quelle dei ragni, spuntarono dalla superficie rugosa.

Il sedano rapa strisciò fuori dal cestino, frt, frt, e saltò giù dal mobile: plop!

Si arrampicò fino alla finestra e guardò fuori. La strada, ormai illuminata dal sole, era ancora semideserta. Passò una ragazza in bicicletta, poi un furgoncino, poi un uomo che portava a passeggio il cane. Poi più nessuno.

Si sporse dal davanzale e si lasciò cadere sul marciapiede: tump!

Da che parte stava il mercato? Ah, sì, di là. Si avviò verso sinistra, mulinando le zampette, tik tik tik.
In fondo alla strada accelerò, tiktiktiktik, svoltò dietro l’angolo

e di nuovo non ci fu più nessuno.

  1. Grazie 🙂

  2. SuperMafalda says:

    Splendido!!

  3. aha ah ah che spasso… in effetti è un personaggio piuttosto inquietante, tipo la pasta madre…

    • Già! Anche un blob di pasta madre potrebbe subire una metamorfosi del genere e sterminare qualche famiglia 😀

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